La digestione anaerobica

La digestione anaerobica è un processo naturale che sfrutta il lavoro di determinati consorzi microbici che, in assenza di ossigeno, riescono a “digerire” biomasse organiche complesse.

Nell’impianto di biogas, la crescita dei microrganismi avviene in un ambiente controllato in quanto la fermentazione è condotta in digestori che operano ad una temperatura e in condizioni chimico-fisiche ben definite e spesso diversificate.

Le biomasse in ingresso all’impianto possono essere molto differenti tra loro e sono rappresentate principalmente da effluenti zootecnici e sottoprodotti agro-industriali.

La fermentazione del materiale organico avviene in quattro fasi successive caratterizzate da consorzi microbici differenti. Al fine di ottimizzare l’intero processo, le prime tre fasi della biologia (idrolisi, acidogenesi, acetogenesi) vengono condotte in un fermentatore in cui i composti organici più complessi dapprima sono degradati a carboidrati, proteine e grassi e successivamente ad acido acetico, acidi grassi volatili e anidride carbonica. La fase più delicata di metanogenesi avviene, invece, in un altro fermentatore in cui si produce la maggior parte del biogas, costituito per un 50-60% da metano.

Il biogas prodotto è impiegato in un motore endotermico che costituisce il sistema di cogenerazione dell’impianto e produce sia energia elettrica che energia termica. L’energia elettrica viene immessa nella rete nazionale ENEL mentre l’energia termica è sfruttata per il riscaldamento di utenze a valle.

Il digestato rappresenta il materiale residuo in uscita dall’impianto ed è un sottoprodotto con ottime caratteristiche fertilizzanti, utilizzabile ad integrazione o in sostituzione degli attuali concimi di origine chimica. Il digestato è un materiale stabilizzato e igienizzato che ha subìto un abbattimento degli odori, una riduzione della sostanza organica ed una mineralizzazione della componente azotata.